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  • Immagine del redattoreFlavia Novelli

Un salto indietro. Un quartiere nella storia

Aggiornamento: 20 gen 2020

Partire dai ricordi della propria infanzia e adolescenza vissuta all’interno di un quartiere romano (l’Africano) per raccontare la Roma e l’Italia degli anni Settanta e Ottanta. È quello che fa Antonello Colaiacomo in “Un salto indietro. Un quartiere nella storia”, Palombi editore.


Un’autobiografia, una raccolta di racconti, un saggio sociologico: l’opera prima di Colaiacomo è tutto questo e altro ancora. Con uno sguardo sincero e appassionato, l’autore ci accompagna in un viaggio a ritroso in un’epoca, una città e un Paese che non esistono più. Una realtà segnata dalle contraddizioni, in cui i ragazzini giocavano a palla in strada e bevevano spuma ai Vini e Olii, mentre quelli poco più grandi di loro morivano di eroina o si uccidevano per un’opposta ideologia (Valerio Verbano, Francesco Cecchin, Paolo di Nella).

E tutto questo avveniva e conviveva all’interno di un quartiere che era una comunità, dove tutti si conoscevano, riconoscevano e rispettavano, anche se collocati su opposti schieramenti calcistici o politici. Una comunità dove non mancavano i “personaggi leggendari”: dal barbone esperto di economia, all’ultras “intellettuale”; dal camminatore solitario alla giovane “vedetta” che informava gli abitanti in tempo reale su tutto quel che accadeva; da Romeo, detto “pennellone”, guardia giurata uccisa in un agguato a fuoco, all’allenatore di calcio che, malato di Alzheimer, smarrisce la strada e tutto il quartiere si mobilita per cercarlo.

E nella puntuale ricostruzione di quegli anni non può certo mancare l’episodio che più di tutti li segnò: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, con cui si conclude il libro.

Anche quest’ultimo capitolo, come gli altri dodici che compongono il libro - ognuno dedicato a un evento, un ricordo, un personaggio - è narrato attraverso lo sguardo di Antonello bambino e si concentra sul ricordo di quel che accadde il giorno del rapimento dello statista, con l’uscita anticipata da scuola, i carri armati per strada e il senso di sgomento di un ragazzino di undici anni davanti a tutto questo.


Un libro che parla di memoria, con il cuore e la ragione. Una riflessione genuina, priva di forzature narrative, che a chi quegli anni li ha vissuti donerà la possibilità di riconoscersi e rivivere certe atmosfere andata perdute, mentre per i più giovani potrà essere l’occasione per confrontarsi con un’altra modalità di vivere l’adolescenza e la socialità: nelle piazze reali, non virtuali.




Recensione pubblicata su Librinews il 20 gennaio 2020



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